Per il terzo anno consecutivo Siena si conferma tra le città più care d’Italia, con un tasso di inflazione che si attesta al 3%. A lanciare l’allarme è Alice D’Ercole, segretaria generale della CGIL di Siena, che parla apertamente di un “primato preoccupante” e di un territorio in difficoltà crescente.
“Questo dato si somma a quello nazionale – spiega D’Ercole – che ha già ridotto i redditi da lavoro e da pensione di quasi due mensilità, con i salari reali diminuiti del 10% in pochi anni”.
La segretaria CGIL sottolinea come il costo della vita a Siena sia oggi più alto di 765 euro rispetto alla media nazionale, con un impatto diretto sulle condizioni materiali di vita dei cittadini. Particolarmente critico, secondo il sindacato, il tema della casa, con una spesa per gli affitti che assorbe oltre un terzo del reddito, e quasi la metà nel capoluogo.
A questo si aggiunge l’emergenza lavorativa e salariale. Dati alla mano, sono stati cancellati 1.200 posti di lavoro in meno di un anno, l’8% dei lavoratori dipendenti sopravvive solo grazie agli ammortizzatori sociali e il 92% dei nuovi contratti è di tipo precario. A livello retributivo, le buste paga a Siena risultano inferiori di 3 euro rispetto alla media italiana.
“Un territorio in cui si è poveri lavorando – denuncia D’Ercole – non può permettersi un dato così pesante sulla crescita del costo della vita, perché rischia di impoverire il tessuto sociale in modo irreparabile”.
Secondo la CGIL, il fenomeno ha conseguenze anche sull’attrattività del territorio, già messo alla prova da un calo demografico di oltre 2.000 abitanti all’anno e da una crescente dipendenza strutturale tra persone attive e inattive. Ne risente anche il turismo, che mostra segnali di polarizzazione verso il “mordi e fuggi”, con sempre meno permanenza media.
La segretaria CGIL invoca un cambio di passo da parte delle istituzioni, a partire da un impegno concreto sul diritto all’abitare, con la regolazione degli affitti brevi, e su un nuovo modello di sviluppo basato su infrastrutture, innovazione, sostenibilità e occupazione stabile.
“Serve incentivare quella buona occupazione che non scarica sul lavoro il rischio d’impresa, che non licenzia alla prima fluttuazione di mercato, e che non disinveste su salari e diritti quando calano gli utili”, afferma D’Ercole.
La dichiarazione si chiude con un richiamo al voto referendario dell’8 e 9 giugno, incentrato sul tema del lavoro:
“È proprio per migliorare le condizioni del lavoro, per riconquistare norme che lo rendano tutelato, stabile e sicuro, che saremo chiamati alle urne per votare Sì”.