Sara Ballarin e le torte da sogno del Piccolo Laboratorio colligiano

Sara Ballarin e le torte da sogno del Piccolo Laboratorio colligiano
Sara Ballarin
Per anni le sue torte sono state la gioia dei bambini della Valdelsa. Nel Piccolo Laboratorio di Sara nascevano vere e proprie creazioni artistiche

Per anni le sue torte sono state la gioia dei bambini della Valdelsa. Nel Piccolo Laboratorio di Sara nascevano vere e proprie creazioni artistiche. Come la torta con l’Uomo Ragno o con Peppa Pig, secondo i desideri del piccolo festeggiato. Ma anche gli adulti hanno celebrato anniversari, compleanni e matrimoni con i dolci di Sara Ballarin.

L’idea di aprire un’impresa alimentare domestica nasce dall’incontro con la cake designer Alessandra Pellegrino e il suo sito T’intorto, dedicato alla pasticceria americana.

“A parte il fatto che lei è bravissima - dice Sara - io ho solo preso spunto dalle sue bellissime torte. Però preferendo impasti e farciture della nostra tradizione, anziché quelle al burro usate dagli americani”.

Dal Piccolo Laboratorio, un appartamentino all’Agrestone davanti a quello in cui Sara viveva con la figlia Alice e la mamma Mara, uscivano torte di soffice pan di spagna bianco o al cacao, millefoglie croccanti con crema chantilly, panna o mascarpone, decorate secondo le richieste: un personaggio dei fumetti, una distesa di frutta fresca, coroncine di fiori, biscottini di pasta frolla a tema. Una gioia per gli occhi, oltre che per il palato.

Dal gennaio 2019 l’attività di Sara, pubblicizzata via social, si fa conoscere in tutta la Valdelsa anche grazie al passaparola. Ma è con il lockdown che la piccola pasticceria artigiana fa il botto.

“I bar a cui ogni giorno portavo i cornetti erano chiusi - racconta Sara - e avevo perso tutte le mie commesse. Finché mi venne l’idea di propormi come alternativa con un post su Facebook. Non feci in tempo a pubblicarlo che ero già inondata di richieste”.

Alla pasticceria Sara era arrivata per amore dopo una vita di esperienze diverse. Nata a Colle Val d’Elsa, con il diploma del liceo socio-psico-pedagogico, si iscrive a Biologia Marina a Padova, rispondendo forse alle origini venete. Ben presto però si trasferisce a Genova, per la stessa materia.

La necessità di lavorare la porta in un’azienda naturale a Sansepolcro dove fa attività con i cavalli per i bambini e poi ancora a Milano, dove in poco tempo da receptionist in un ambulatorio medico privato ne diventa la manager.

Finché incontra Fabio, uno chef abruzzese che cambierà il corso della sua vita. Insieme girano il mondo, lui nelle cucine dei ristoranti, lei addetta alla pasticceria. Si sposano. Durante un’esperienza in Qatar nasce Alice. Sara comincia a nutrire dubbi sul posto in cui far crescere sua figlia. Quando arriva una proposta dall’Africa, dove una coppia italo-sudafricana, vuole aprire il primo ristorante italiano, Sara e Fabio colgono la palla al balzo. Vanno in Botswana, a Gaborone, per incontrare Arianna e Bernie. La situazione li attira, tanto che firmano il contratto, lui chef, lei pasticcera. Poi si preparano per il trasloco. Devono tornare in Italia per i documenti necessari e da lì fare un salto in Qatar a prendere le loro ultime cose.

Il giorno prima di partire da Gaborone sono invitati nella tenuta di un amico a prendere un tè.

È il primo dicembre 2015. Un giorno che Sara non dimenticherà mai.

Mentre rientrano dal bush, si ritrovano incolonnati all’ingresso dell’autostrada. Guida Bernie e Arianna è al suo fianco con Basilico, il loro segugio ancora cucciolo. Dietro siedono Fabio, Alice (che ha quindici mesi) e Sara. È un attimo. In quel momento passa un treno e loro sono fermi sui binari, non segnalati in alcun modo. Sara lo vede arrivare dal finestrino e urla. Il convoglio li centra in pieno. La macchina, colpita dal basso, vola per alcuni metri schiantandosi sulla parte destra (in Botswana la guida è all’inglese), quella di Bernie e Fabio. Per i due ragazzi non c’è scampo. Il primo muore sul colpo, il secondo perderà la vita in ospedale. Le due donne riportano gravi ferite, specialmente Arianna che si spezza la schiena e il braccio destro. Sara si frattura una clavicola e subisce un forte trauma alla testa. Succede anche un miracolo. La bambina è illesa, come anche il cucciolo Basilico.   

Il contraccolpo psicologico però è enorme.

Sara si ritrova all’improvviso sola, vedova, con una bimba piccola, senza alcuna prospettiva per il futuro. E, scoprirà in seguito, senza alcuna copertura assicurativa che garantisca un minimo risarcimento a sua figlia per la perdita del padre.

Del momento della tragedia e dei giorni passati in ospedale non ricorda niente. È Arianna che l’aiuta a ricostruire quello che è successo.

Sara torna in Italia con Alice, per cercare di rimettere insieme la sua vita.

Ma quando Arianna la chiama, chiedendole di tornare a Gaborone per riaprire il ristorante in memoria dei “ragazzi”, non riesce a dire di no e riparte per l’Africa.

Passano più di due anni, il ristorante va bene, ma Sara non si sente nel posto giusto. E poi c’è Alice che deve cominciare la scuola elementare. Per questo lascia il lavoro e rientra in Italia. 

Ed è qui che nasce il Piccolo Laboratorio con la sua produzione quotidiana di dolci per i bar della zona e a richiesta. 

Durante la quarantena la sua attività anziché fermarsi cresce a una velocità pazzesca. Le richieste sono continue e arrivano da ogni parte. 

“Preparavo dolci per tutta la provincia - racconta -. Lavoravo di notte e consegnavo di giorno. È stata la prima volta, nella mia vita, che il conto in banca saliva di continuo tanto che mi sono potuta comprare la casa”.

In pieno lockdown tra i clienti si rifà vivo un compagno delle medie, Giacomo, con cui da ragazzini c’era stata una simpatia. Ogni giorno ordina i cornetti per la sua famiglia. Poi passa alle torte.

Qualunque cosa, le confesserà dopo, pur di rivederla e stare con lei.

L’amore rinasce. Giacomo e Sara si sposano, nasce Bianca.

Sara lascia il piccolo appartamento dell’Agrestone e si trasferisce a Gracciano, nei posti che l’avevano vista crescere. Il Piccolo Laboratorio la segue, trovando spazio in un locale della sua abitazione, dotata di doppia cucina.

“Era tutto bellissimo - aggiunge - il lavoro andava a meraviglia e così la mia vita personale. Però non ce la facevo più. Con due figlie, il lavoro di pasticceria era diventato veramente duro. Ogni giorno preparavo tre litri di crema, montavo due litri di panna, preparavo cento cornetti, stendevo la sfoglia, cucinavo il pan di Spagna. E poi facevo la spesa, a fine giornata ripulivo stanza e macchinari, gestivo i conti e tutta la parte burocratica. A settembre del 2022, a malincuore, ho dovuto rinunciare”.

È allora che Sara inizia a lavorare come insegnante in una scuola per l’infanzia a Siena.

"Avevo bisogno di qualcosa di più regolare, di una sicurezza in più. Soprattutto per le mie figlie. Bianca era la mia seconda occasione per essere una buona madre. Alice l’ho cresciuta nella solitudine e nella disperazione. Ora, per farle ricordare il padre che non ha praticamente mai conosciuto, andiamo tutti insieme una volta all’anno a Scanno a trovare la sua famiglia”.

Nel frattempo Sara continua a preparare dolci per le feste di parenti e amici.

“Non sappiamo che cosa ci riserva il futuro. Il Piccolo Laboratorio è sempre là, che aspetta”. Così come i suoi affezionati clienti.

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