Omicidio Paolo Vaj: la moglie poggibonsese Roberta Bencini pubblica il suo primo libro ''La versione di Paolo''

Omicidio Paolo Vaj: la moglie poggibonsese Roberta Bencini pubblica il suo primo libro ''La versione di Paolo''
la versione di paolo
''Avete mai pensato a cosa fareste se un giorno qualsiasi della vostra vita vi trovaste, vostro malgrado, ad essere coinvolti in un delitto come quelli di cui si legge sui giornali o si vede in TV?'', su Valdelsa.net l'intervista a Roberta Bencini

Il 10 Luglio scorso si è concluso il processo di secondo grado 'bis' per l'omicidio di Paolo Vaj, con la conferma delle condanne a Patrizia Armellin e Angelica Cormaci, ritenute responsabili della morte del 56enne, avvenuta nella notte tra il 18 e il 19 Luglio del 2019.

La Corte d'Appello di Venezia ha confermato le condanne rispettivamente a 24 anni per Patrizia Armellin, di 58 anni, e a 16 anni per Angelica Cormaci, di 30 anni. Le due donne sono accusate di aver ucciso Paolo Vaj nella casa di via Cal dei Romani a Vittorio Veneto. La sentenza è stata emessa durante il processo di secondo grado "bis". La Corte di Cassazione, infatti, il 24 Gennaio scorso, aveva criticato la precedente sentenza dei giudici veneziani riguardo alla premeditazione. Nonostante il Procuratore generale avesse accolto le osservazioni della Consulta, l'Appello ha deciso di confermare le condanne. Il caso tornerà ora nuovamente davanti alla Cassazione. Riguardo all'omicidio di Paolo Vaj, abbiamo intervistato la poggibonsese Roberta Bencini, moglie di Paolo e autrice di un libro scritto per raccontare la sua verità sul delitto.

Roberta, quando eravate insieme dove stavate?

“Paolo era originario di Milano, addirittura quando ci siamo conosciuti lui stava a Creta. I genitori si sono ammalati e lui è tornato in Italia. Dopo la morte della madre, con il padre si sono convinti a trasferirsi a Poggibonsi. Siamo stati insieme otto anni. Una storia abbastanza lunga. Infatti quando è successo tutto questo era passato quasi un anno. Io ad un certo punto ho dovuto metterlo alle strette. Ero un periodo in cui Paolo si risentiva con Patrizia Armellin, con la quale aveva avuto una relazione prima di me. E io ero arrivata ad un punto, dopo un anno e mezzo, in cui non ce la facevo più a sopportare questa situazione e quindi ha dovuto scegliere, o lei o me. Alla fine ha scelto lei, e io l’ho accettato pur con molta sofferenza. Sono tornata a casa mia. Il rapporto comunque è sempre stato un rapporto tranquillo, ci continuavamo a sentire per qualsiasi bisogno. Un rapporto civile insomma. E non avevamo mai chiesto la separazione legale. Lui per un po’ ha anche riprovato a ritornare con me, ma io non volevo più cadere in questo gap.

"Addirittura durante l’inchiesta ho scoperto una cosa che mi ha fatto male dal punto di vista emotivo. L’ultima foto che ha guardato sul cellulare prima di morire, era una nostra foto insieme (ndr l'immagine di copertina di questo articolo)”.

Quando hai appreso la notizia dell’uccisione di Paolo?

“Prima che Paolo ed io ci sposassimo, aveva avuto appunto una relazione con l’Armellin e lui da lì era sempre rimasto legato anche alla sorella di lei. Anche dopo che si erano lasciati. Quando sono entrata io nella vita di Paolo, ho avuto modo di conoscerla. Ed è per questo che alle 11.00 di mattina del 19 Luglio, ha alzato il telefono per avvertirmi dell’accaduto, prima che lo facessero i carabinieri.

I giorni dopo sono stati davvero duri, me li ricordo e non me li ricordo. Ho solo dei flash nella memoria ed è stata davvero difficile. Sono stata interrogata per cinque ore dai carabinieri e non so nemmeno io come ho fatto”.

Ha inserito qualcuno di questi episodi all’interno del libro?

“Il libro è nato dopo la sentenza di primo grado, nel 2022, dopo la morte di Paolo, quel maledetto 19 Luglio 2019, mi sono chiesta: “E ora che faccio?”. Erano tre anni che andavo avanti con l’inchiesta. Trovare le prove, controbattere la difesa.. Dopo cinque mesi in questo modo mi sono ritrovata persa, senza quotidianità. E mi sono detta: voglio fare qualcosa che mi piace. Mi sono informata e ho trovato un corso di scrittura: d’altronde scrivere mi è sempre piaciuto e da quel momento in poi ho iniziato a frequentare vari laboratori in parallelo alla questione giudiziaria, in cui le due imputate erano ricorse all’appello. Finito il corso mi sono detta: “Devo mettere un punto a tutta questa storia perché sto diventando matta”. Se non si entra dentro a questi meccanismi non ci si può rendere conto del loop con cui hai a che fare: ogni volta, ogni grado di giudizio, ripercorri sempre la storia dall’inizio alla fine ed è davvero pesante. Pensi di aver superato la questione e invece è una ferita che si riapre di continuo. Ci convivi e basta".

“Allora nell’estate del 2022, nel periodo di ferie mi sono messa a scrivere, tutte le mattine di getto e ho finito questo libro. All’inizio è rimasto nel computer, poi ho iniziato a farlo leggere ai miei amici e nel frattempo ho continuato a fare corsi di scrittura, teatro, insomma ho cercato di andare avanti. Poi è accaduto che a Natale mi sono ritrovata ad un pranzo quest’anno con una persona che aveva pubblicato un libro con una casa editrice. Tra una chiacchiera e un’altra mi chiede di inviargli il pdf. Dopo due giorni mi chiama dicendomi che le era piaciuto molto e se poteva inviarlo alla sua editrice. Poco dopo vengo contattata proprio da questa con la proposta di pubblicare il libro. È arrivato in stampa per caso fortuito, ma è arrivato in un momento in cui ne avevo davvero bisogno”.

"Il libro parla di tutto quello che è successo e finisce con l’immagine in cui, il giorno dopo della sentenza, mi reco sulla tomba di Paolo e gli dico “Io da qui in poi vado avanti. So che vorresti così”.

Scrivere un libro è stato come una cura nel suo caso Roberta, quasi avesse un significato di “lieto fine”…

“Purtroppo in vicende come queste il lieto fine non c’è mai, però diciamo è stato anche un messaggio di rinascita. Non mi sento una persona forte, ma me lo dicono in tanti che lo sono invece. Non è solo sofferenza della perdita, ma è anche il ripercorrere tutte le vicende, sopportare tutto e non avere diritto di replica perché la parte civile non ne ha alcuna. Senti le cose peggiori, ma non puoi fare nulla”.

Perché ha scelto come titolo “La versione di Paolo”?

“Si intitola così perché il libro è scritto come fosse un racconto a due voci, la voce di Paolo e la mia. Racconto la nostra storia, come siamo arrivati al delitto e poi al processo. La versione di Paolo perché è stato l’unico a non poter dire nulla”.

Per quanto riguarda la sentenza cosa ne pensa?

“Con il pubblico ministero avevamo raggiunto l’ergastolo per l’Armelline e 16 anni per la Colmaci, per il motivo che è stata succube di Patrizia, come Paolo del resto. Quando ho parlato con lo psichiatra ho chiesto se era possibile fare qualcosa per questa ragazza, perché anche in carcere era sempre insieme all’Armellin e restava comunque influenzata da questa. Quando è successo il fatto aveva 23 anni”.

Quando è uscito il libro e dove possiamo trovarlo?

“Il libro è uscito da qualche settimana con “Edizioni Helicon” e potete trovarlo su Amazon, ma anche in libreria e sul sito della casa editrice stessa. Piano piano partirò anche con le presentazioni. E speriamo tanto di porre la parola fine a tutto questo”.

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